Don Canelli e la Ricostruzione in Capitanata
La guerra con i suoi drammi e l’immediato dopoguerra con le sue urgenze resero sempre più difficile la vita nella città di San Severo. Occorreva assistere i soldati rientrati dalla guerra e i bisogni primari della gente. Ai problemi già esistenti si univano anche il proselitismo dei protestanti e dei comunisti (nel senso di anticattolici, secondo il significato di quel tempo) che convivevano nel territorio. Per aiutare il popolo e presentare la Chiesa quale madre piena di sollecitudine per i suoi figli, don Felice incrementò l’apostolato a favore dei bisognosi con i segretariati a sostegno delle classi più deboli, particolarmente quelli per l’assistenza agli ammalati poveri e al ricovero degli anziani abbandonati. Facendosi aiutare dai maestri cristiani aprì il doposcuola e le scuole serali maschili e femminili in parrocchia; promosse la refezione scolastica; ripristinò lo scautismo che era stato soppresso dal fascismo nel 1928; diede vita alla refezione dei bambini poveri e la colonia marina elioterapica per evitare la mortalità e la delinquenza infantile; attivò l’assistenza invernale dei piccoli e la mensa per le famiglie disoccupate; distribuì i generi alimentari e avviò l’assistenza domenicale ai fanciulli poveri che frequentavano il catechismo. Nel 1945, dopo i comitati di liberazione, don Felice si fece promotore nel territorio delle ACLI [Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, correlate all’Azione Cattolica] e della DC [Democrazia Cristiana] al fine di contribuire, in nome della fede, al riconoscimento dei diritti dei lavoratori, dei poveri e dei disoccupati. Don Felice inoltre animò il movimento cristiano femminile a collaborare con il CIF [Centro Italiano Femminile] e l’UDI [Unione Donne Italiane] per la ricostruzione cristiana della sua terra e della Capitanata tramite la concessione del voto alle donne (possibile solo dal 1946). In questo modo fu l’anima della ricostruzione della sua parte di “Meridione” e il sostenitore di ogni iniziativa di bene a favore del popolo. Nel 1969 a San Severo, in occasione del cinquantesimo del Partito Popolare, venne invitato l’onorevole Flaminio Piccoli, segretario nazionale della DC, che ebbe modo di incontrare don Canelli. Alcuni anni dopo, questi lo ricordava «per la sua grandissima capacità di entusiasmo, di fede, di testimonianza riguardo ai valori cristiani che ne ispiravano l’azione; e, al tempo stesso, la capacità di una loro immediata traduzione sul piano concreto». Piccoli inoltre, a proposito di don Felice, serbava tra i suoi ricordi «un’impressione di grande serenità interiore, che si trasmetteva nell’interlocutore, venendo a costituire prezioso elemento di ricarica morale e di recupero di fiducia; dote quest’ultima forse ancor più importante della sua passione politica e della sua incessante presenza nella azione organizzativa e sociale: quello interiore, spirituale, quello della forza d’animo che è necessario rinsaldare ogni giorno contro la tentazione del disimpegno e del rifugiarsi nel “privato”». Don Felice, ormai quasi novantenne, folgorò l’onorevole per lo «spirito giovanile davvero incredibile che era rimasto in lui nonostante l’età avanzata, a testimonianza di una mente viva ai fermenti della nostra società e di un cuore appassionato per il futuro del “suo” popolo». Era proprio così don Felice che, con uno sguardo contemplativo, scopriva Dio che abitava nelle case, nelle piazze, nelle strade della sua terra.
Sr. Francesca Caggiano
La vice postulatrice