16 Febbraio 2022
Don Felice Canelli in guerra come cappellano militare
Il 24 maggio 1915 l’Italia entrava in guerra e molti soci del Circolo “Don Bosco” di San Severo vennero chiamati alle armi. I rimanenti si dedicavano all’assistenza delle famiglie di soldati e bisognosi. Il 29 febbraio 1916, su richiesta del Vescovo mons. Gaetano Pizzi, don Felice venne annoverato tra i Camerieri d’onore del Papa in abito paonazzo per il suo zelo, l’amore e l’abnegazione nel promuovere l’azione cattolica. Tale nomina venne riconfermata l’11 aprile 1927 da papa Pio XI e il 3 agosto 1939 dalla Segreteria di Stato di Sua Santità, nella persona del sostituto di mons. Giovanni Battista Montini. Nel 1947 Pio XII nominava don Felice Canelli Prelato domestico e nel 1953 Protonotario Apostolico ad instar. Pur giungendo all’apice delle benemerenze pontificie rimase sempre e con grande umiltà “Don F’lic!” per essere sempre vicino agli umili e ai bisognosi.
Il 27 aprile 1916 venne reclutato come cappellano militare a Sassoferrato (AN) dal luglio 1916 all’ottobre 1918. Si interessò del soccorso dei soldati nell’Ospedale militare, organizzò i pranzi per i sacerdoti soldato, aiutò i ricoverati e i poveri dell’Ospedale e seguì spiritualmente le Benedettine del monastero del “Sacro Cuore”. Mentre don Felice era a Sassoferrato, il 28 luglio 1916 padre Pio giungeva a San Giovanni Rotondo e i due, dopo un po’ di anni, si incontrarono intessendo una bella amicizia. Difatti quando egli andava dallo Stimmatizzato del Gargano, trovava sempre la porta aperta per lui e per i suoi parrocchiani. Don Felice era ricordato in quegli anni come un’anima ardente e infiammata di amore di Dio, tutta donata al bene della Chiesa e del popolo. Dal novembre 1918 al gennaio 1919 venne destinato ad Ancona come aiuto-cappellano in ospedale. Ritornando in licenza straordinaria a San Severo don Felice, dopo aver visto con i suoi occhi gli orrori della guerra e il fallimento della violenza, incoraggiò i suoi giovani alla coerenza nella fede prospettando il grande compito che i giovani cattolici avrebbero avuto nella vita sociale del dopoguerra.
Intanto il 9-10 aprile 1918, per iniziativa del Vescovo di Foggia mons. Salvatore Bella, si svolse un convegno, presieduto dal Servo di Dio don Luigi Sturzo, sul ruolo dei cattolici nella vita civile. Era presente l’intero episcopato di Capitanata a denunciare i soprusi e lo sfruttamento dei contadini da parte dei latifondisti e ad incoraggiare la Chiesa ad aprirsi sempre più alla questione operaia. Vi era anche il Venerabile don Antonio Palladino di Cerignola, amico di lotte e di ideali di don Felice. Nel 1919 arrivò anche come Vescovo a Troia il Venerabile mons. Fortunato Farina. Insieme i tre sacerdoti della Capitanata lavorano per la giustizia sociale delle classi operaie e il bene della Chiesa nel Foggiano. La cura per gli scarti della società con i loro diritti e i loro bisogni e la crescita del laicato in questi ambiti era l’anima della loro pastorale. Anticipavano di un secolo il magistero di Papa Francesco che afferma: «Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene».
Sr. Francesca Caggiano
La vice postulatrice