16 Febbraio 2022
Don Felice Canelli e la seconda guerra mondiale in Capitanata
Erano tempi difficilissimi. Il 1° giugno 1943 Foggia – a causa del suo aeroporto – venne pesantemente bombardata. Gli sfollati arrivarono a San Severo dalla vicina Foggia e dintorni. Don Felice era instancabile a spronare i suoi collaboratori a non perdersi d’animo e ad aiutare fino all’impossibile i poveri profughi con l’aiuto materiale e una parola di conforto. Alla mezzanotte del 25 luglio Mussolini si dimise. Mentre la situazione precipitava, incurante delle scariche di mitragliatrice, don Felice si dava da fare senza sosta. Numerosi sfollati e feriti provenienti da Foggia si riversarono nell’ospedale di San Severo e le Dame di Carità, da lui sostenute, si attivarono per aiutare in ogni modo recuperando indumenti, medicinali e cibo. I miseri, i sofferenti, i colpiti dalla guerra si rivolgevano a lui numerosi. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 i tedeschi occuparono il territorio italiano. Il 17-18 settembre saccheggiarono anche San Severo. Il Vescovo Orlando mandò don Felice ad animare i soccorsi e a coordinare parrocchie, associazioni e cittadini: fu una gara di solidarietà a favore dei prigionieri angloamericani e non solo. Don Canelli promosse l’assistenza e si diede asilo ai rifugiati politici e militari e alle interminabili colonne di soldati sbandati e di perseguitati politici che giungevano in città affamati, stanchi e umiliati. Tanti perseguitati politici e decine di detenuti politici furono nascosti da don Felice nella casa parrocchiale e nel sacello di Croce Santa. Incurante dei bandi tedeschi li salvò, per mimetizzarli gli regalò abiti civili, li tenne con sé fino a quando non raggiunsero la loro casa. Con la fiamma della carità nel cuore, immedesimandosi nei bisogni della gente, promosse: la questua del grano per aiutare gli sfollati e i feriti di Foggia; il servizio di corrispondenza per i prigionieri; l’aiuto agli sfollati, agli assistiti delle associazioni caritative, ai profughi, ai soldati sbandati e combattenti, ai confinati politici, ai dimessi dalle carceri; chiese una collaborazione con gli anglo-americani per la donazione dei loro avanzi di cucina a favore dei poveri della città e li coinvolse in una lotteria per i malati poveri e per la compera degli indumenti per gli sfollati; collaborò con alcune dame al comitato assistenza ai minorenni discoli che vivevano soli e abbandonati per strada; ricercò e fece consegnare ai membri delle sue associazioni la carbonella nelle case dei poveri e degli anziani soli che soffrivano i rigori del freddo; sostenne il Comitato “pro reduci di oltre mare”; promosse la raccolta di denaro in aiuto alle opere di carità volute da Pio XII; volle allargare il suo aiuto anche all’ente sinistrati nazionali italiani; favorì il sostegno al refettorio per le madri e i figli poveri e in difficoltà, l’aiuto agli ammalati del tubercolosario e la costituzione della cucina del Papa per i poveri della parrocchia e della città e altre opere assistenziali. Non a caso il 25 settembre del 1973, nel suo settantesimo di sacerdozio, la diocesi e la giunta comunale social-comunista predisposero i festeggiamenti indicendo un concorso nazionale di poesia religiosa sul tema Il Sacerdozio, consegnandogli una pergamena con la medaglia di benemerenza che ricordava l’azione coraggiosa svolta durante il periodo della lotta di Liberazione quando appoggiò e favorì materialmente e moralmente i perseguitati politici e i soldati sbandati.
Sr Francesca Caggiano
La vice postulatrice